Quando ero piccolo non se ne vedevano tanti, ma negli ultimi anni il nostro Appennino ha un’abitante (anzi, tanti abitanti) in più: il capriolo.
Il capriolo vive in montagna tuttavia, la neve lo spinge a calarsi in basso soprattutto alla ricerca del cibo, per questo è facile incontrarlo anche in pianura.
Durante l’inverno scorteccia alberi di ogni specie, in estate invece si sfama con erbe verdi, frutta, bacche, ghiande, faggiole selvatiche e anche funghi, predilige anche frutteti e campi di erba medica seminati da contadini.
Il capriolo è molto agile, maestoso ed elegante; a differenza delle femmine, il maschio porta il palco che cade a novembre/dicembre; d’ inverno il mantello è grigio brunastro, d’estate bruno rossastro. Come peso si aggira sui 20 kg la femmina e 20/25 il maschio.






La stagione degli amori và da fine luglio alla metà d’agosto, addirittura i maschi si battono in alcuni casi fino alla morte, per il possesso di una femmina. La gestazione dura 9 mesi e termina con il parto di uno, a volte due piccoli, molto raramente sono tre, che rimangono con la madre fino a 8/9 mesi.
Una malattia che ha ridotto drasticamente il numero dei caprioli è stata la Parassitosi gastro intestinale (diarrea acquosa,disappetenza e disidratazione) che, qualche anno fa, ha colpito i caprioli e li ha letteralmente decimati.
Il capriolo è responsabile della diffusione delle zecche (tra l’altro, anche se morso da quest’ultime, non viene infettato dai relativi batteri); in quanto il manto del capriolo ne è pieno, e una volta sazie, le zecche si lasciano cadere a terra per poi deporre le uova che di media sono un centinaio.
Come tanti animali, vederlo dal vivo è sicuramente una bellissima esperienza e rimango affascinato tutte le volte dalla grazia del suo corpo per poi rimanere lì, a bocca aperta quando con tre balzi atletici sfreccia via veloce.

